In questa collana del Corriere della Sera i racconti sono tutti carini. Però alcuni non sono proprio delle opere d'arte. Prendiamo quattro inediti di donne.
L'amore del mondo, n. 6 - di Daria Bignardi. Tre punti di vista parlare di una donna che a 40 anni si ritrova con l’herpes, che ama la sua famiglia ma alla fin fine se ne è rotta le scatole. Che vorrebbe dedicarsi ai suoi “amici” carcerati ma poi smette di vistarli perché in fondo è troppo impegnativo (ma è una mia interpretazione). E’ vero, non ho capito niente di questo racconto. Questa donna non è proprio infelice, ma nemmeno felice e alla lunga la storia – per fortuna breve - diventa noiosa. Sembra un racconto di quelli semplici che dovrebbero nascondere un significato più profondo, ma certe cose, o le sai portare alla luce o non lo sai fare. Non che sia scritto male, per carità.
Un amore di marito, n. 14 - Sveva Casati Modignani in "Un amore di marito", racconta con un tono tragicomico di una donna che crede di aver scoperto che suo marito la tradisce e inizia a meditare vendetta, ma alla fine un imprevisto trasforma la classica storia di una donna non proprio bellissima che sacrifica tutto per l’amante bravo e bello, in un racconto simpatico a lieto fine. L’attesa, n. 30 - Questo è il peggiore. Un’analisi psicologica molto arrangiata di una ragazzina grassa e ricca sfondata con una mamma snob e acida, un papà fedifrago che le fa promosse da marinaio che segneranno la sua vita. Un libro pieno di stereotipi.
Queste sono storie ordinarie, scritte bene, ma a cui manca quel tocco romanzato che fa di una storia vera, non dico un classico, ma una storia memorabile.
Un po’ diverso è il caso di Michela Murgia che, con L’incontro (n.26), narra uno spaccato di mondo e di una società alle prese con l'arrivo di una nuova parrocchia, attraverso gli occhi di un bambino. Michela Murgia mangia letteralmente il mondo, lo rigurgita con parole e metafore che schizzano come i colori su una tela impressionista. E’ il primo racconto di questa scrittrice che leggo e mi ha subito colpita.
Mi è piaciuta molto questa frase: Il ragazzo lo aveva applaudito forte ed era stato in quel momento che Maurizio aveva smesso di chiedersi cosa volesse dire “noi” a Crabas. Non era un pronome come negli altri posti, ma un tempo verbale collettivo: il presente plurale.
Una volta tanto non è ciò che si racconta quanto come lo si fa.
Una volta tanto non è ciò che si racconta quanto come lo si fa.
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